Giochiamo meglio con i nostri plastici
A cura di Alex Corsico, Andrea de Regis e Antonio Federici

 

Se il sogno di ogni modellista è un grande plastico, sul quale possano sfrecciare simultaneamente treni importanti e pesanti treni merci, che transitano in stazioni dai fasci di binari ampi ed ariosi, in paesaggi nei quali importanti città si alternano a vallate, boschi e terreni coltivati, la realtà ci riporta spesso… con i piedi per terra: le risorse necessarie alla costruzione di opere di questo tipo (spazio, tempo, denaro) spesso non ci sono, ed occorre così rivedere la nostra lista di “desiderata”.

L’ottimo, si sa, è nemico del bene, per cui, se vogliamo realizzare qualcosa, occorre accettare una serie di compromessi, che ci consentano almeno di avere un plastico sul quale far circolare i nostri amati modelli.

Tuttavia, non necessariamente solo ciò che è grande è bello: se il vino buono sta nelle botti piccole, anche un plastico di modeste dimensioni, se ben pensato e ben gestito, può dare grandi soddisfazioni.

La nostra esperienza
Non esiste una verità assoluta sul giusto modo di affrontare le vicende della vita: figuriamoci se può esistere un modo “giusto” di divertirsi, e ancor più, di divertirsi con il modellismo! Ciascuno ha le proprie preferenze: la riproduzione curata al massimo dei rotabili, la costruzione attenta del paesaggio, gli automatismi e il DCC… la nostra passione è la ricostruzione in miniatura del “sistema” ferrovia, e di questo vogliamo parlarvi, senza la pretesa di sostenere che questo sia in assoluto il modo migliore, o più divertente di “giocare” con il treno: è semplicemente il modo che più ci piace e ci soddisfa, fin dal primo approccio con il treno in miniatura.

I plastici che abbiamo realizzato nelle nostre case, in effetti, hanno dimensioni di pochi m2, spesso minore di quella di un ovale su un tavolo da cucina; sono tutti impianti a mensola, di limitata profondità, realizzati in ambienti utilizzati ad altri scopi che non soltanto il modellismo: lavanderia, garage, camera da letto. Tuttavia, la soddisfazione che ne ricaviamo è altissima, e nessuno di noi penserebbe di “rinnegare” la propria opera perché poco ampia o poco divertente.

Al contrario, il plastico della Val Pambiana, di Andrea De Regis, poco più di una mensola su due pareti di una stanza, per una superficie di circa 2 m2, festeggia in questo periodo il suo venticinquennale: segno che di una buona concezione alla base, che ha consentito all’autore, al di là delle modeste modifiche ed aggiornamenti nel tempo, di mantenere vivo l’interesse per quel piccolo mondo in miniatura, come talora non accade per impianti più ampi, che spesso non vengono mai terminati o vengono smantellati perché non soddisfano più i desideri di chi li ha concepiti.

A ben guardare, forse, la chiave del successo del plastico della Valpambiana sta nel fatto che in quella modesta superficie è stato realizzato un vero sistema ferroviario completo, a servizio di paesi ed industrie appena accennate nel plastico ma a lungo studiate e pensate.

Allo stesso modo le Ferrovie e Tranvie Locali, una società freelance inventata quasi per gioco da due di noi, in modo del tutto indipendente ma con risultati molto simili a oltre 500 km di distanza, è forse più simile ad una ferrovia reale di molte altre ferrovie modello, perché pensata in funzione del tipo di servizio che è chiamata a svolgere…. In scala: in essa, cioè, sono state sintetizzate le caratteristiche di molte secondarie italiane, e nell’ambiente che essa serve le caratteristiche dei territori reali servite dalle concesse italiane.


Realtà o fantasia?
Attenti al realismo dei modelli, per i quali pretendiamo (giustamente) il perfetto rispetto della scala, una buona definizione di particolari, chiodature, parti aggiunte e coloritura, spesso non chiediamo altrettanta esattezza nei nostri plastici, dove accettiamo compromessi di ogni tipo, da quelli più propriamente ferroviari (sviluppo delle stazioni, raggi delle curve, pendenze) a quelli del paesaggio e dell’ambiente della ferrovia (città piccolissime e troppo vicine, grandi fabbriche al vero più piccole di un modesto laboratorio artigiano, boschi di pochi alberi e terreni spesso contrari a qualunque principio di geologia e geotecnica).

Peraltro il solo fatto che nei plastici si muova solo il treno, mentre tutto il resto – auto, pedoni, bis, sia normalmente fermo, costituisce un compromesso sul quale è opportuno riflettere.

Riprodurre fedelmente la realtà è spesso molto difficile, se non impossibile, ed anche talora poco soddisfacente, perché i “centri di interesse” sono troppo spesso distribuiti nel territorio e troppo lontani fra loro.

Nella creazione di fantasia, possiamo al contrario concentrare nello spazio a disposizione ciò che effettivamente ci piace, e che, da solo, può inequivocabilmente definire un certo tipo di ambiente, di epoca, di territorio; il rischio è, ovviamente, quello di caricare la nostra costruzione di un numero eccessivo e poco coerente di elementi differenti, ottenendo un risultato poco credibile o, addirittura, grottesco.

Quanto allora possiamo spingerci nella fantasia, perché il plastico possa ancora definirsi una riproduzione della realtà? La questione, in verità, è assai simile a quella, ben più seria e più ampiamente approfondita, del tema di un’opera letteraria o do un’opera d’arte: raccontare una verità o creare con la fantasia? A nostro avviso, un buon criterio da seguire nel nostro hobby è quello pirandelliano delle verosimiglianza, intesa come aderenza dell’opera al vero, senza tuttavia necessariamente far riferimento ad una precisa realtà.

Ragionando in questi termini, allora, l’obiettivo di un plastico può essere quello di creare qualcosa non necessariamente con un corrispondente nella realtà, ma che, se esistesse, sarebbe probabilmente proprio così come lo abbiamo immaginato e lo “raccontiamo” nel plastico.

Lo “scopo” della ferrovia
La ferrovia, diceva un noto studioso, produce due cose: trasporto di persone e cose, e rottami metallici, quando i treni vengono demoliti. Concentrandoci sul primo dei due punti, e volendo basarci sul criterio della verosimiglianza, anche la nostra ferrovia modello dovrebbe essere un sistema “potenzialmente” organizzato per svolgere un servizio di trasporto, a servizio del territorio che attraversa: dovrebbe cioè ricalcare lo “scopo” e la funzione reale del prototipo.

Ecco allora che, qualunque sia il tema, l’epoca, lo scenario del nostro plastico, l’adozione di questo spirito, inteso come finalità di servizio del trasporto ferroviario trasforma la nostra realizzazione da ambiente sul quale far muovere treni modello ben rifiniti e perfetti a qualcosa di più, un sistema che opera come una reale ferrovia!

Al vero ogni treno circola per una specifica ragione, ossia la presenza di passeggeri o merci da trasportare fra due località: sia essa il collegamento dei piccoli paesi al capoluogo nelle ore del pendolarismo o la restituzione di carri vuoti ad un parco di smistamento, nessun treno si muove per caso. Poi, non solo il treno si muove da un luogo ad un altro per una determinata ragione, ma lo fa ad un certo orario e con un determinato materiale rotabile.

Nel passaggio dalla realtà al modellismo, ci accorgiamo subito di aver messo molta carne al fuoco: innanzi tutto abbiamo parlato di collegamenti fra due località distinte e non di ripetuti giri in cerchio intorno a qualche casa o collina. Poi, abbiamo aggiunto che avere tanti treni da far circolare fra due punti non è ancora ragione sufficiente per l’esistenza di un sistema ferroviario, in quanto manca un elemento fondamentale della ferrovia: quale funzione assolve ciascun treno, ed in quale momento!

Il gioco prima del gioco: creiamo la nostra ferrovia
Vogliamo illustrare ora la genesi di un progetto modellistico, che è peraltro solo agli inizi del lungo passaggio dal progetto alla costruzione: è il plastirama con il quale giocheremo nella seconda parte di questo incontro. Vogliamo illustrare le linee che ci hanno guidato nella sua concezione e il modo in cui intendiamo utilizzarlo. La creazione, la maturazione dell’idea che sta alla base del plastico è, a nostro avviso, una fase divertente almeno quanto la circolazione dei modelli al termine della costruzione.
Inoltre, data la semplicità dell’esempio che portiamo, speriamo di essere da stimolo per la concezione dei plastici che costruiremo nel futuro, o - perché no – per la rivisitazione di quello che abbiamo già realizzato, in modo da scoprire in esso ulteriori risorse e possibilità per vivacizzare e rinnovare il nostro modo di giocare con il treno.

Partiamo dalla scelta di base: ferrovia reale o di fantasia? Abbiamo optato per una linea di fantasia, cercando però di applicare quanto più possibile il criterio della verosimiglianza. Mossi da ragioni affettive, abbiamo scelto come tema la pianura della Lomellina, patria di Alex: una terra di acque, sulla quale le strade e le ferrovie emergono, nella stagione primaverile, dalle risaie allagate, e quasi vi galleggiano. Numerosi e popolosi comuni, dai caratteristici centri storici e manieri in mattoni, si relazionano fra loro attraverso una fitta rete di strade e ferrovie, mentre i grandi fiumi costituiscono naturali frontiere solo puntualmente attraversabili per mezzo di imponenti ponti.

Andiamo allora sulla carta geografica, per seguire le rotte di imprenditori ed ingegneri Belgi del secolo passato, in cerca di terreno fertile per investimenti ferrotranviari: la loro attenzione si posa una serie di importanti centri della zona di Mortara, serviti solo in parte dalle ferrovie principali (la Rete Mediterranea) e per i quali la realizzazione di collegamenti diretti con ferrovie economiche si sarebbe rivelata molto vantaggiosa; qui infatti il treno avrebbe potuto trasportare molti prodotti del territorio, dal riso tipico di queste terre, alla ghiaia estratta dal letto dei fiumi, senza dimenticare le molte fornaci (l’area di Casale non è poi così lontana) che sfruttano i terreni argillosi della grande pianura. Anche le prospettive per il traffico passeggeri sono discrete, potendo contare sia della componente operaia verso le non lontane città di Novara e Milano, sia di quella delle mondine e delle braccianti agricole, senza trascurare le movimentazioni legate ai numerosi mercati che giorno dopo giorno si svolgono nei vari centri, e che spostano un numero notevole di fattori e commercianti di bestiame.

Dell’ampio programma di costruzioni, vengono realizzate due linee: la tranvia da Valle Lomellina a Robbio e l’antenna ferroviaria verso il centro di Breme, sulle rive del Sesia. Poi, il rapido peggioramento dei bilanci di queste ferrovie secondarie e le prime avvisaglie di conti in rosso suggeriscono di arrestare ulteriori costruzioni.

Soppressa negli anni ’30 la tranvia per Robbio, resta oggi in esercizio la breve linea ferroviaria da Valle Lomellina a Breme, anche in relazione al traffico merci alimentato dalle attività della zona e dalla presenza di un porto fluviale presso il capolinea di Breme; l’esercizio è svolto dalle Ferrovie e Tranvie Locali.
AL vero, ovviamente, nulla di quanto abbiamo detto è mai successo, e nessun metro di binario è mai stato posato sulle relazioni che abbiamo indicato; tuttavia, guardando a storie ferroviarie similari in molte altre zone dello stivale (senza andare troppo lontano dai luoghi citati, basta ricordare la tranvia da Stradella al santuario di Madonna della Guardia), le vicende descritte avrebbero effettivamente potuto effettivamente avere luogo.
Atterrando da questo volo della fantasia, scopriamo di aver definito compiutamente luoghi, ambienti e caratteristiche del nostro progetto modellistico, ed ancora, di aver inquadrato lo scenario che potremo attuare nella fase di esercizio; l’aver ricavato le nostre conclusioni seguendo il criterio della verosimiglianza ha limitato, nella fase iniziale, il rischio di incongruenze troppo marcate.

Da Valle Lomellina a Breme
Ecco allora i contenuti del plastico: una stazione di diramazione, Valle Lomellina, al vero realmente esistente sulla linea a doppio binario Mortara-Alessandria, dalla quale si dirama la ferrovia “economica” per Breme; questa, dopo aver lambito le risaie, serve l’abitato di Valle Lomellina con una piccola stazione in prossimità del centro.
(Scheda Stazione Valle Comune)

Lasciato il paese e superato l’antico bivio origine della soppressa tranvia per Robbio, il binario piega verso ovest per raggiungere l’abitato di Breme; alcuni serpeggiamenti “di troppo” per una ferrovia di pianura ci ricordano l’epoca nella quale le sovvenzioni alle concesse venivano erogate in funzione dello sviluppo del tracciato.
(Scheda Stazione Breme)

Da Breme un breve raccordo in regresso conduce fino alla darsena fluviale, dove ancora oggi è possibile per le merci passare dal binario alla via d’Acqua.

All’idea progettuale non corrisponde ancora una completa corrispondenza sul piano realizzativo: sono stati infatti realizzati i moduli relativi alla stazione di Valla Lomellina Stato (allacciamento alle FS), secondo gli standard della ASN, ed è in via di completamento quello relativo alla stazione di Valle Lomellina Centro; manca invece del tutto la tratta successiva fino a Breme. Tuttavia, avendo ben chiaro cosa “dovrebbe esserci” al di là dell’ultimo modulo costruito, possiamo in fase provvisoria sostituire la tratta mancante con una coulisse, per prolungare nella nostra fantasia i brevissimi viaggi dei nostri treni ed immaginare così gli arrivi, le partenze e le manovre in linea e nella stazione di Breme e sulla darsena.

Ciò che più conta, a nostro avviso, è l’aver dato ai pochi metri di binario ed ai moduli assemblati peraltro in fretta, un significato, un senso di realismo modellistico nel suo valore più profondo: quello cioè di una ferrovia fittizia, ma dignitosamente “calata” nel mondo reale!

Sviluppiamo il traffico
Probabilmente, al vero, una linea così breve come quella do Breme sarebbe da tempo soppressa, o, al più, trasformata in raccordo; tuttavia, è perfettamente plausibile immaginarla ancora in esercizio alla vigilia degli anni ’80, come altri tronchi ferroviari similari, statali ed in concessione: la linea di Colle val d’Elsa, le antenne di Spinazzola città e Ofantino, il ramo della ferrovia Canavesana da Rivarolo a Castellammonte sono solo alcuni esempi di linee minori, a servizio di centri medio piccoli e dai traffici esigui, ancora attive fino a qualche anno fa. Nulla vieta pertanto di immaginare la nostra ferrovia ancora oggi attiva, soprattutto se al traffico passeggeri, necessariamente limitato dall’importanza del bacino servito, facesse da contrappunto un traffico merci vario e vivace. Per una maggiore coerenza e (anche e soprattutto) per un attaccamento alla ferrovia dei nostri ricordi, decidiamo di ambientare la nostra ferrovia negli anni ’70, quando essa aveva maggiori possibilità di essere ancora in funzione, con la circolazione di rotabili eterogenei e tutti piuttosto antiquati.

Cerchiamo quindi di capire quali e quanti treni far circolare tra Valle Lomellina e Breme. le premesse fatte finora ci forniscono già in parte la risposta a questa domanda, nelle sue linee essenziali; per approfondire la questione, possiamo tornare…. alla geografia!

Dalla rapida consultazione di qualche guida turistica, e dalla preziosa fonte di Internet, scopriamo che Breme (1000 abitanti circa) è un centro a prevalente vocazione agricola, di modesta importanza, grava principalmente su Valle Lomellina.

Valle Lomellina, grava principalmente su Mortara sede di uffici pubblici e scuole nonché un Ospedale di media importanza.

Considerata la distanza del paese dallo scalo FS, è ancora plausibile negli anni ’70 immaginare l’utilizzo del treno fra le due stazioni per spostamenti che proseguono sulla linea FS verso altre destinazioni.

Considerata la natura del territorio, ed incrociando le informazioni che possiamo trarre dalla lettura del reale quadro orario della ferrovia Mortara-Alessandria, possiamo immaginare un intenso pendolarismo di studenti e lavoratori dai due centri di Breme e Valle Lomellina verso i capoluoghi di Milano, Novara ed Alessandria, e con la vicina Mortara; le relazioni si concentrano prevalentemente in andata al mattino ed in ritorno nelle ore centrali della giornata e nel tardo pomeriggio.

Non stona poi la presenza di servizi diretti da e per il capoluogo di provincia: una coppia di treni da e per Novara, che conduce i passeggeri in città per le commissioni a metà mattina, e li riporta a Breme nel primo pomeriggio.

Completa il quadro dell’offerta una o due coppie di treni di materiale ordinario, rese necessarie non tanto dall’affluenza, quanto piuttosto dall’intenso traffico di collettame, che non trova spazio nelle automotrici, utilizzate per tutti gli altri treni; la presenza di treni con locomotiva, oltre ad essere sul piano modellistico fonte di manovre che arricchiscono la varietà dell’esercizio, ci consente di mettere in campo due treni misti, tipici delle secondarie di un tempo ed oggi totalmente scomparsi dall’attuale (e, se vogliamo, più monotono) quadro dell’offerta ferroviaria reale.

Per quanto attiene al traffico merci, è opportuno fare ancora una volta riferimento alle caratteristiche del territorio sul quale la ferrovia è calata: una zona a vocazione agricola, segnata dalle risaie, e poco densa di industrie, ad eccezione forse di quelle agro alimentari.

Abbiamo pertanto immaginato due importanti clienti della ferrovia: una riseria (Riserie Audoni) raccordata presso la stazione di Valle Lomellina Comune, una azienda per il trattamento e lo stoccaggio dei cereali raccordata in linea, sul tratto iniziale dell’ex tranvia per Robbio, una fornace per la produzione di mattoni e componenti per l’edilizia raccordata nella periferia di Breme (FLB, Fornaci Lomelline di Breme), e una azienda di lavorazione alimentare (Agrifirgo) raccordata presso questa stazione. Da non dimenticare il contributo legato alla darsena ed alla cava di ghiaia estratta dal fiume.
(Scheda Industrie)

Completano il quadro alcune utenze prive di raccordo ferroviario, e che utilizzano i magazzini merci ed i binari di carico, a raso o con piano caricatore, presenti nelle stazioni.

Per maggiore chiarezza, abbiamo riassunto il quadro delle utenze, insieme con le merci spedite o ricevute, i binari di movimentazione utilizzati ed i tipi di carro impiegati in un quadro riepilogativo, per meglio tenere sotto controllo la situazione dell’intero traffico merci.

Per quanto numerosi siano i clienti della ferrovia, possiamo ritenere sufficiente alla domanda merci, sulla quale abbiamo ora “fantasticato”, una coppia di treni merci, che lascia Breme al mattino, manovra in linea e nelle stazioni e porta i carri all’allacciamento con le Ferrovie dello Stato; nel primo pomeriggio, inoltrati i carri sui due merci raccoglitori per Novara ed Alessandria e ricevuti i carri in arrivo, un secondo treno muove da Valle Lomellina Scalo verso Breme, distribuendo i veicoli alle singole utenze. Eventuali “eccedenze” di carri da movimentare potranno essere soddisfatte mediante i treni misti.

Ci siamo divertiti a stilare un orario di servizio della ferrovia e un prospetto dei turni del materiale motore: ciò non tanto per necessità, quanto piuttosto perché ci consente di aumentare il senso di verosimiglianza, e permetterci di “giocare” con la nostra piccola ferrovia ancora di più come se essa fosse realmente esistente, e noi fossimo dei veri e propri ferrovieri.

Del resto, difficilmente si possono avere a disposizione 24 ore da dedicare con continuità al plastico; e, se anche così fosse, la brevità dei tracciati in confronto a quelli reali (o, come nel nostro caso, presunti tali) renderebbe ben poco realistica la marcia dei convogli, che giungerebbero a destinazione a pochi secondi dalla partenza.

Le possibilità alternative sono molteplici: si può utilizzare un orologio “veloce”, nel quale cioè ad un secondo reale si facciano corrispondere 3-5 secondi “fittizi”, in modo da riportare le 24 ore della giornata ad un intervallo reale di 2-4 ore. Questa soluzione, praticata in molti plastici da esercizio, americani ed europei (FreMo, ad esempio), al di là dell’aberrazione in termini di fisica, non è però priva di controindicazioni: infatti, se la durata della circolazione in linea può essere così dilatata da pochi secondi reali a qualche minuto fittizio, le manovre, per le quali i tempo modellistici non differiscono troppo sensibilmente da quelli reali, vengono alterate nella loro durata fittizia, e ciò può divenire fonte di complicazione nel caso in cui esse siano numerose e complesse.

Per contro, soprattutto nel caso di plastici semplici come quello di Breme, l’orologio, reale o “accelerato” può essere anche non necessario: in questo caso l’orario di servizio definisce semplicemente la sequenza delle operazioni da compiere, mentre la loro maggiore o minore rapidità in successione potrà essere decisa dall’operatore in base alle proprie esigenze ed ai propri desideri: in un’epoca scandita dalla fretta e dal superlavoro, non è certamente il caso di aggiungere stress a stress… giocando!

Carri non a caso
Se l’orario di servizio ed il quadro dei turni del materiale rotabile definiscono compiutamente il servizio viaggiatori e la gestione del materiale rotabile sociale, come scegliere i carri merci da mettere in circolazione treno per treno, e come deciderne il numero e le destinazioni?

Torniamo per un attimo alla realtà: al vero, infatti, le movimentazioni merci di ciascuna stazione sono in gran parte quasi sistematiche, in quanto sono quasi sempre gli stessi soggetti a spedire e ricevere la merce per ferrovia; ciò che genera una sensazione di grande varietà è il fatto che ciascun utente spedisce e riceve merci con una propria e differente frequenza, che peraltro può largamente oscillare nel corso dell’anno.

Nel modellismo, per ricostruire questo fondamentale ambito del sistema ferroviario, non dobbiamo far altro che… assecondare le oscillazioni, basandoci su uno strumento da sempre simbolo stesso dalla casualità: la carta da gioco. Nel nostro caso, però, le carte saranno di tipo speciale, pensato nello specifico per la particolare “partita” che intendiamo giocare: quella di simulare il traffico merci.
Le carte saranno simili nei contenuti alle lettere di vettura dei carri: ci diranno cioè, per ciascun trasporto, da dove viene ed a chi è diretto, in quale stazione e binario deve essere prelevato o consegnato, che carro utilizza e che tipo di merce viene spedito.

Siccome ad ogni carro che viaggia carico, corrisponde (quasi sempre) uno spostamento del veicolo a vuoto, che deve essere predisposto per il caricamento o allontanato dopo lo scarico della merce, le carte comprendono due fasi, delle quali una relativa al trasporto della merce vera e propria e l’altra relativa alla movimentazione del carro vuoto. Questa fase al vero viene evitata, quando possibile, impiegando il carro per un trasporto di altra merce nella stazione ove è stato scaricato immediatamente prima.

Il “gioco delle merci” con i carri è molto semplice: si predispone un mazzo di carte di carico, composto da tante carte di ciascun tipo, cioè relative ad un medesimo tipo di trasporto, in proporzione alla frequenza con la quale immaginiamo che quel trasporto si realizzi; ad esempio, se la Cereol spedisce 10 carri tramoggia carichi ogni mese al proprio magazzino centrale e se la riseria spedisce 22 carri carichi di riso al mese, potremo includere nel mazzo rispettivamente 5 e 11 carte di ciascun tipo, rispettando così la proporzione dei relativi trasporti.

All’inizio di ogni sessione di “gioco”, estraiamo un certo numero di carte, pari alle richieste di trasporto che immaginiamo giungano al servizio merci delle FTL in quella giornata; i trasporti indicati nelle carte, insieme a quelli relativi alle carte di carico estratte nei giorni precedenti, e per le quali il ciclo di carico non sia ancora terminato definiscono le operazioni da svolgere nella giornata, i carri da manovrare, distribuire, ritirare o approvvigionare.

Ora, però, basta con le parole: iniziamo a giocare sul serio!

Alex Corsico
Andrea de Regis
Antonio Federici